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poesie postume 237


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Sonetto alla signora Giulia

Gioia, idea, vita, luce, idolo, amore,
mia propria essenza, in cui mi trasformai,
sei, Giulia mia; sí ben altro non mai
porto in bocca, nell’animo e nel core.
Né sol di me lo spirital valore
in te han converso i tuoi benigni rai,
ma la carne anche e l’ossa, ond’io restai
gioco, iride, umbra, luna, imago, ardore.
Vivo io, non io, ma tu vivi in me stesso tu
ti chiami Gentil, io del Gentile,
cioè dell’esser tuo titolo e segno.
Deh! m’avess’anche il mio fato concesso
ch’in te foss’anco il mio restante umile
transumanato dall’eterno Ingegno.

5

Madrigale alla signora Giulia

Stia pur giú Lia e Rachele,
e alle bellezze sovrumane e sole
di Giulia mia cedan, che ’l nome il vole.
Sette e sett’anni ambroggia e dolce mèle
sono per servir lei, e cento, e mille,
tutti sono d’amor suavi faville,
perché servir sí gran beltá infinita
è sempiterna gioia, eterna vita.