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Teresa Bandettini. 23


poetare pensatamente. Scrisse due tragedie: il Polidoro, al quale alcuno accoppiò una terza, il Polinestore, (non rammentando Polinestor ch’ancise Polidoro), e Rosmunda in Ravenna. Il Polidoro fu replicato con plauso per tre sere in Milano, città letterata, come il Fornaciari la chiama. Istruita in latino ed anche in greco, tradusse liberamente l’Inno a Venere e i Paralipomeni di Quinto Smirnèo.

Dettò poemi — uno in quattro libri, in ottave, sopra gli amori di Venere e di Adone, tema trattato deliziosamente da Shakespeare; altri minori ed uno lunghissimo in venti canti, il Teseo — Così il Bagnoli scrisse il Cadmo tanto limato e tanto lodato, ma che non è letto da alcuno — In questi rifacimenti epici il poeta crede talora suo debito di ricopiare al possibile il carattere dell’età, le tradizioni classiche, e non riesce — Shakespeare che trasforma l’antico, e quasi conquistatore della natura dispone a sua voglia della terra e dei mari (ne mise uno fra Verona e Milano), scrisse lavori immortali — Il suo genio vi trasfondea l’antico come egli se lo sognava, e il moderno come ei lo sentiva.

La Bandettini nella sua più tarda età ebbe gravi dolori d’animo: le morirono tre figliolette e poi il marito — Ella patì di un tremolìo in tutta la persona che per reggersi dovea puntellarsi al braccio degli altri — Ella dicea scherzando che finiva come avea cominciato: ballando. Con più mirabile costanza sopportò i dolori e i tagli di uno scirro al petto. La guarì, almeno in apparenza, un erbolaio: ma presto la sua luce si estinse — Ella scrisse versi fino all’ultimo — La sua vita fu un canto — Se l’eco n’è ora spenta, non crediamo però che essa non possa ridestarsi, e che quella