Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/114

104 idilli

     E qua mel guida. Io così dissi; ed ella
     Cola avviossi, e poi guidòmmi a casa
     Il rigoglioso Delfi; e a pena il vidi
     Lo snello piè recar sovra la soglia,
(Intendi, o Lena, onde il mio foco è nato.)
     Ch’io tutta più, che neve m’agghiadai,
     E il sudor dalla fronte mi grondava
     Come pruina austral, nè voce avea
     Quant’un bambino, che cinguetti in sogno
     Alla diletta madre, e il mio bel corpo
     Così duro si fe’ come un cristallo.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     Mi guața il crudo; e fisi gli occhi al suolo
     Assidesi in un seggio, e così parla:
     Quant’io nel corso ho prevenuto or ora
     Il vezzoso Filin, tanto, o Simeta,
     Precorso hai me col tuo chiamarmi in casa.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     Giuro pel dolce amor, ch’io ben sarei
     Con tre o quattro amici a te venuto
     Questa notte medesma, in sen recando
     Di Bacco i pomi, e su la testa il pioppo,
     Arbor sacro ad Alcide, intorno intorno
     Avviluppato di purpurei nastri.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     E se accolto m’aveste, assai contenta
     Esser dovevi, ch’io di vago e anello
     Ho tra i giovani il vanto, e sarei stato
     Sol ch’io baciassi il tuo bel labbro, in pace.
     Ma se m’aveste rigettato, e chiusa
     Con le spranghe la porta, immantinente
     Sarebbono qua corse e faci e scuri.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
     Or io, donna, ringrazio in pria Ciprigna
     E poscia te, che dopo lei dal foco
     Mi salvasti chiamandomi mezz’arso