E qua mel guida. Io così dissi; ed ella
Cola avviossi, e poi guidòmmi a casa
Il rigoglioso Delfi; e a pena il vidi
Lo snello piè recar sovra la soglia,
(Intendi, o Lena, onde il mio foco è nato.)
Ch’io tutta più, che neve m’agghiadai,
E il sudor dalla fronte mi grondava
Come pruina austral, nè voce avea
Quant’un bambino, che cinguetti in sogno
Alla diletta madre, e il mio bel corpo
Così duro si fe’ come un cristallo.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
Mi guața il crudo; e fisi gli occhi al suolo
Assidesi in un seggio, e così parla:
Quant’io nel corso ho prevenuto or ora
Il vezzoso Filin, tanto, o Simeta,
Precorso hai me col tuo chiamarmi in casa.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
Giuro pel dolce amor, ch’io ben sarei
Con tre o quattro amici a te venuto
Questa notte medesma, in sen recando
Di Bacco i pomi, e su la testa il pioppo,
Arbor sacro ad Alcide, intorno intorno
Avviluppato di purpurei nastri.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
E se accolto m’aveste, assai contenta
Esser dovevi, ch’io di vago e anello
Ho tra i giovani il vanto, e sarei stato
Sol ch’io baciassi il tuo bel labbro, in pace.
Ma se m’aveste rigettato, e chiusa
Con le spranghe la porta, immantinente
Sarebbono qua corse e faci e scuri.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
Or io, donna, ringrazio in pria Ciprigna
E poscia te, che dopo lei dal foco
Mi salvasti chiamandomi mezz’arso