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l’Umbria e delle Marche, ispiravano a Garibaldi un’interesse così ardente, che si desiderava invano, in alto luogo, ch’egli si astenesse dal mostrare il suo vivo desiderio di liberarle al più presto dal giogo che le opprimeva. — Allora fu ch’ei credette dover dare la propria dimissione, congedandosi però dalle truppe, che a gran dispiacere il vedevan partire, col dire loro in un proclama dettato da Genova, che non cessassero dall’esercitarsi e dal disciplinarsi, mentre la pace poco aveva a durare, e la guerra del riscatto completo d’Italia non dovea tardare a rinascere.

Convocati intanto i Comizii elettorali del regno, che già chiamatasi italico, parecchi collegi inviavano al Parlamento qual loro rappresentante l’illustre generale.

Egli si recò a sedere nell’aula coll’anima martoriata dal crudele pensiero che la nativa sua Nizza dovesse venir spiccata dal diadema d’Italia per ornare l’imperiale di Francia. Forse in tal circostanza il di lui spirito fieramente commosso non seppe resistere al cruccio che l’affannava, e aperto e pronto quale egli è, si lasciò trascorrere a proferire dalla tribuna parole, che un uomo più freddo di carattere avrebbe forse creduto dover risparmiare.

Ad ogni modo il motivo che lo spinse a tanto, e che l’ha ancora in seguito animato nella sua opposizione contro il conte di Cavour, è fino ad un certo punto scusabile, giacchè emana da sorgenti purissime.

Ma un nuovo e più alto cimento si preparava nel quale doveva esser dato a Garibaldi di compiere una quelle più alte e maravigliose sue imprese a prò della patria italiana.

Nei primi giorni del mese d’aprile scoppia in Sicilia un movimento d’insurrezione contro l’odiosa tirannia borbonica; questo movimento, compresso un’istante nella generosa Palermo, si propaga nelle campagne, e vi si mantiene. — I valorosi Siciliani, però, sono stretti da ogni parte dalle armi borboniche, le quali ingrossano a dismisura; essi tendono le braccia verso le libere provincie d’Italia, onde averne soccorso.

Garibaldi si decide tosto a recarsi in ajuto di quei generosi isolani, e concepito appena il gran disegno,