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ne uscî netto e candido, il governatore prese un’aria di mortificazione, quasi sentisse la necessità di giustificare la brutta parte che avea fatta, e mi disse queste parole che non dimenticherò mai fin che viva: «Cavaliere, mi dispiace... sono cose odiose... ma che vuole?... come si fa?... l’Austria ci obbliga, il duca di Modena ci manda le note... si sa... non si può fare altrimenti... sono più forti di noi!» Il governo romano mi insegnava ad arrossire del mio paese.»

Una certa profonda passione amorosa, di cui non ci è dato informare il lettore, lo indusse ad allontanarsi da Roma per far ritorno a Torino, ove espose un suo quadro, il di cui soggetto era stato tratto da un romanzo della Cottin, e ch’ebbe grande incontro.

«Quelle vicende d’amore, prosegue a scriver l’Azeglio, m’avevano così profondamente colpito, che quando ritornai a Torino mio padre sul primo non mi riconobbe. Rimasi in patria e lavorai a rimetter l’ordine nel mio animo e la pace nel cuore, fu un lavoro che ci volle qualche tempo. Mi diedi a lavorare; cominciai ad illustrare la sagra di S. Michele. Mi stabilî fra quelle rovine per un certo tempo, disegnandole da tutti i punti; quella solitudine, que’ grandi aspetti della natura mi fecero del bene. Questa pubblicazione, della quale io scrissi un testo e disegnai sulla pietra le litografie, non aveva un gran merito nè artistico, nè letterario, ma il pubblico, che m’ha sempre un po’ guastato, se ne chiamò contentissimo, e amen.

«Feci poi nel 1829 il quadro della disfida di Barletta, ora presso il conte Porro Schiaffinati di Milano. Non dimenticherò mai che nel dipingere il gruppo di mezzo mi venne il pensiero che ci sarebbe da fare un romanzo di questo fatto, ma mi parve troppo audace impresa l’essere allo stesso tempo pittore e scrittore. Tuttavia, perchè ho sempre amato di tentare anche il difficile, cominciai a scrivere l’Ettore Fieramosca, principiandolo all’impazzata, senza troppo sapere dove andava a finire. Scritti i primi capitoli, li feci vedere a Balbo, che mi fece un coraggio maraviglioso, e così andai avanti con più animo, alternando questo con altri lavori.»