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Ermanno giunse a casa mesto e silenzioso; si abbandonò sulla poltrona e stette immerso ne’ suoi pensieri senza neanche volger parola a sua madre — Egli soffriva come se gli venisse lacerata qualche parte del cuore. Il suo sguardo vagava sugli oggetti circostanti, ma il suo pensiero volava dietro alla graziosa giovinetta.

Per quella sera non volle uscire malgrado che il tempo invitasse al passeggio; sua madre poverina lo pressava con incessanti domande a cui egli rispondeva appena, e la buona donna infine credendo miglior partito lasciarlo solo a meditare, si ritirò nell’altra camera.

Allorchè Ermanno fu solo, si mise in moto per la stanza, e passando dappresso al caminetto si fermò a guardare alcuni fiori che languivano in un bicchier di acqua — Erano appassiti! Egli sospirò e volse altrove gli sguardi.

Aperse il pianoforte colla massima noncuranza, ne sfiorò i tasti stando in piedi, quindi lo rinchiuse sorridendo amaramente — Anche la musica aveva perdute le sue attrattive — Trascinò la poltrona sul balcone, vi si adagiò sopra e se ne stette per lungo tempo immobile vagando collo sguardo fra le stelle del cielo. —

La natura era bella illuminata dal patetico raggio lunare; ma egli chiuse gli occhi per richiamarsi alla mente la figura di Laura. — Certo l’immagine di lei sì ardentemente evocata rispose al suo desiderio, perchè egli aveva sulle labbra un mesto sorriso — Suonò la mezzanotte, ed ei conservava ancora la stessa attitudine. Quella specie di letargo durò molto....

Una rondinella accovacciata sui ferri del vicino balcone intuonò sommessamente il suo cicalío....

Ermanno apri gli occhi, guardò il cielo e vide che la luna già tendeva al tramonto, mentre ad oriente appariva una luce biancastra.

Era l’alba.