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— Ermanno, signor Ermanno! E non sono per sè sole eloquenti queste lagrime? — Oh! io sono ben infelice; se la certezza del mio dolore le può arrecare qualche bene, lo sappia: Sì io soffro nell’abbandonare questa città, e tutto ciò perchè mi separo da lei che in sì poco tempo ho imparato a conoscere; ma ora non voglio più piangere, ora sono felice perchè ella pure si addolora per la mia partenza — Egli è ben doloroso questo destino che ci condanna a vivere separati; perchè non si può essere sempre là dove il cuore inclina? Perchè non si può sempre stare con chi.... si ama!

— Grazie Laura, sclamò Ermanno stringendole ambe le mani, grazie per queste parole che mi ridonano la vita — Mi prometta che ella penserà qualche volta a me, ed io le giuro che non avrò memoria se non per lei, che non avrò un palpito che non sia suo.

— Come potrei dimenticarlo! mormorò Laura.

Ermanno si strappò una medaglietta che teneva al collo, e presentandola a Laura le disse:

— Eccole una mia memoria. Questa medaglia è ciò che io abbia di più sacro; è di mia madre...

Laura la prese, la baciò, indi posela in seno; Ermanno proseguì:

— Mi permetta altresì che questa sera le consegni una mia lettera.

— Oh qual piacere!

— Con preghiera di non leggerla che al suo arrivo in Milano.

— Lo giuro.

— Ed ora a rivederci questa sera, ci saluteremo per l’ultima volta collo sguardo, e col cuore!