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— Sì, non so perchè, ma sono tanto contento.

— Che Dio ti conservi sempre tale figlio mio?

Ermanno restò alzato ancora per qualche tempo sempre pensando alla graziosa fanciulla che tante prove d’amore gli aveva date in quella sera felice; baciò più volte il fiore che ella gli aveva posto fra le mani, indi lo collocò accanto ad un mazzolino di altri fiori appassiti — La freschezza dell’uno, ed il languore degli altri formavano uno strano contrasto che non sfuggì all’occhio di Ermanno — Poveri fiori! Ieri ancora erano belli e rigogliosi, oggi il soffio della materia passò sovr’essi, ed eccoli collo stelo curvato; di quei brillanti colori, di quel soave profumo appena rimangono pallide vestigia.

Ecco il passato! Pensò Ermanno sospirando; ma il suo sguardo si fermò allora sul fiore deposto ancor bello, ancor pieno di vita e di freschezza. Fu un raggio di speranza che sperdè la malinconia che già assaliva il povero giovane: Ecco il presente! gli mormorò una voce interna, ed egli baciò anco una volta lo stelo profumato del fiore che ridonavagli la speranza.

Andò a letto, si addormentò ed i suoi sogni furono una catena di rose che si rivoltava in giri senza fine. Si addormentò felice, e si svegliò felicissimo. Laura fu l’ultima parola della sera, e la prima del mattino.

Durante la giornata però, fu spesse volte preda di mesti pensieri; nel colmo dell’ebbrezza egli erasi dimenticato della prossima partenza di Laura; ed appena se ne rammentò, il suo cuore gemette amaramente.

— E sarà vero ch’ella debba allontanarsi, che non potrò più vederla? pensava fra sè.

Ciò che mitigava alquanto il dolore della separazione era senza dubbio la certezza di possedere l’amore di