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incontro con Laura in casa d’Alfredo l’aveva salutato con un grido d’amore tradotto musicalmente. — Ora dopo il volgere di pochi mesi, egli si trovava ancora vicino a Laura forse per l’ultima volta; ora doveva salutarla collo strazio dell’anima. — Il primo incontro si ebbe un’inno; l’ultimo una nenia!

E tale fu la musica improvvisata da Ermanno; in quelle note che si succedevano lente, in quegli accenti lugubri, era raccontata tutta la storia di un amore infelice. Le amarezze, i dolori più grandi ebbero un espressione così straziante, che molti avevano le lagrime agli occhi.

Nel tetro susseguirsi di tristi accordi che parevano gemiti profondi, sentivasi tratto tratto un canto confuso e lontano che doveva certamente scuotere l’anima di Laura: era il canto del Notturno al Chiaro di Luna, che ricordava all’incostante giovinetta i giorni felici del suo primo amore!

Laura piangeva; sarebbe stato vano celare quelle lagrime che non erano più un mistero per gli astanti; d’altronde ella non piangeva sola alcune signore, e specialmente madama Salviani la imitavano.

Anche ad Ermanno illanguidivasi la fantasia, ed accarezzava oziosamente alcune cadenze per pensare al passato che in quel momento gli ricorreva alla memoria. Volse intanto gli sguardi a Laura, che resa più bella per la commozione, stavagli al fianco, seducente quanto sia dato immaginarlo. — Aizzato dalla gelosia, abbandonò d’un tratto il metro patetico della sua musica, e suonò con rabbia. — Le note incalzavano le note producendo strane dissonanze; le mani volavano agitate da un punto all’altro della tastiera, col fremito della convulsione.

Nessuno comprese quella musica infernale, quel delirio del pensiero; ma ogni nota rintronava nel cuore