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che ognuno doveva ordinare di suo gusto, senza complimenti; che egli non aveva molto appetito, e gli bastavano due ova al tegame, un brodo ed un quinto di vino.

Gaudenzio ordinò lesso di manzo, minestra, e fritto di rognoni.

Le sale della locanda erano fumide di emanazioni di sughi, si sentiva dappertutto il tanfo ed il tepore della cucina. La sala da pranzo, vasta, affondata, col soffitto giallo di fuliggine e le pareti di intonaco chiazzato di umidità, era scarsamente rischiarata dalla lampada di mezzo; si vedeva appena il bianco delle mense, e le faccie spettrali di due o tre persone, silenziose, disperse qua e là nella penombra.

Sor Gaudenzio fece portare una candela, e subito la tavola parve più allegra e l’appetito più pronto.

Buono il lesso, buona la minestra, eccellente il fritto di rognoni, ed il vinello andava giù così liscio, che sor Gaudenzio dovette presto ordinare un altro mezzo litro.

Quel buon pasto diede un po’ di tono anche a madama Martina, la quale senza badarci ne aveva bevuto un dito di più, e un po’ per il chiuso, un