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Busto Arsizio era appaltatore della decima del fodro forestiero.

Come è noto, i più antichi feudatarii dell'agro milanese erano i corpi religiosi d'ambo i sessi, ed è accertato che in mezzo a deficienza di leggi, e nel silenzio delle opinioni i soli ministri del Vangelo consigliavano mansuetudine ed amore. Infatti li ecclesiastici, salvo qualche eccezione, esercitarono i diritti feudali con maggior mitezza degli altri, e lo afferma anche il Vico (Scienza nuova) dicendo «che li uomini per timore d'essere oppressi o spenti, come in tanta barbarie più mansueti, essi si portavano dai vescovi, e dagli abbati di que'secoli violenti; e ponevano sè, le loro famiglie, e i loro patrimonii, sotto la protezione di quelli, e da quelli vi erano ricevuti, la qual suggezione e protezione sono i principali costitutivi de'feudi.»

La proprietà feudale poi si estese anche ai laici, e giunse al massimo grado durante la monarchia spagnuola. I signori nelle terre di loro sudditanza commandavano sì ai nobili, e sì ai plebei, emanavano leggi, e spettava loro persino la nomina del podestà e dei consoli.

Prima che Busto fosse eretto in contea, si afferma dal Crespi cronista, ch'esso fosse governato da Giovanni Borromeo, e ne adduce in prova lo stemma di questa famiglia, che una volta vedevasi su le pareti della porta maggiore del tempio di Santa Maria, e del quale oggidì non rimane pur vestigio.

Ma ecco le prime notizie riguardanti il nostro borgo, come possesso feudale. Da un documento del 21 di giugno del 1488 in data di Pavia (Doc. N. 5) si vede che il duca Giovanni Galeazzo Maria Sforza coll'autorità di Ludovico il Moro, suo zio, investì Galeazzo Visconti, suo consigliere, del feudo di Busto