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o vaneggiando a morte, allor che l’alma
suoi divenir più saggia,
narrava per suo scampo il mio dolore?
o pur, di sua fierezza
altera vantatrice,
Celia stessa il ridice?
Tu non di’ nulla, Aminta. Aminta, sembri
isbigottito. Ove se’ tu? non m’odi?
qual si forte pensiero
ti rapisce a te stesso?
Amin.(Arde Niso per Celia, e si non finge.)
Ma di’, s’altro pastore
per Celia ardesse anch’egli,
come ti senti il core?
lasceresti il suo ardore?
Niso.Anzi la vita.
Oimè, tu mi trafiggi !
S’egli è vero, io son morto.
Amin.(Morrٍ ben io più tosto.) Or ti consola:
cosi parlai da scherzo.
Niso.Lascia cotesti scherzi:
son troppo duri, Aminta. Io tei perdono,
perché d’amor non senti.
Amin.Or quant’avrٍ di spirto
vo’ ch’a tuo pro s’adopri.
Ma l’ora è tarda; il sole
già si fa d’alto a riveder le valli.
Andiamo ove Narete
per la pompa del voto
presso ? tempio n’aspetta, e fors’ancora
de lo ’ndugio si duol.
Niso.Va, ch’io ti seguo.
Ma se vuoi pur ch’i1 viva,
il mio soccorso affretta:
che breve tempo vuole
a spirar un che muore.