Pagina:Bonarelli, Guidubaldo – Filli di Sciro, 1941 – BEIC 1774985.djvu/268

          tutti son esca a l’amorosa arsura.
          Oh che penosa vita
          vive, misero, e tale
          ch’assai men crudo è lo rigor di morte,
          perché non puٍ de l’anima dogliosa
          scoprir al caro oggetto
          cosi le pene, com’il cor le prova.
          E chi non sa ch’assai
          più dannosa è la fiamma
          ch’entro serpendo al cor l’alma divora?
          Scote i gioghi più duri ai monti alpestri,
          ed a l’ime radici
          gli edifici superbi in terra adegua,
          s’avvien che chiusa in sotterranea cava
          di spirto marzïal gravida polve
          spanda l’ardente e tempestosa vampa.
          Se poi, fatta pietosa,
          sua bella donna alfine
          non sdegna a quelle piaghe
          appor di sua pietà medica mano,
          oh come cessa il duolo,
          quando dolce le tratta e quando tenta
          se sa tanto sanar quanto ferire,
          e del gradito amante
          s’addolcir puٍ col suo dolor la doglia!
          Quai fermaci amorosi
          a l’anima languente ella non porge?
          Voci soavi e care
          da sospiri interrotte,
          e nel foco degli occhi il pianto occulto,
          che, da Amor miste insieme
          tai cose tutte, indi ei le tempra, dove
          quasi viva fornace
          di riverbero ardente
          fa lo rincontro de’ pietosi sguardi.
          Cosi con queste tempre e con tal’arti