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ATTO PRIMO
raddolcisci talora i miei tormenti,
se’ tu che mi tormenti? Oimè, che questo
è forse ancor de l’alta mia sventura
qualche fero prodigio!
Vuoi forse il ciel che sieno
le mie lagrime eterne, or s’ei mi toglie
chi talor le rasciuga.
Celia.Ahi, Clori, vita mia!
Clori.Quel «vita mia»
tratto è di bocca a forza;
non l’ha mandato il core, io ? riconosco.
Celia.(Or simuli chi puٍ, che la mia lingua
non sa disdire al core.)
Odi, Clori (né dico
Cloride vita mia,
perché tu mi se’ cara,
e la mia vita amara):
non son più Celia, è vero;
ma, qual ch’io sia, me stessa e non altrui
ho pur in odio e fuggo.
Ecco fin dove lece
che di me si ragioni.
Tu lascia omai ch’i’vada
per li secreti orrori
de le romite selve,
ove fra l’ombre oscure
me stessa i’ non riveggia.
Clori.Oimè! che nuova stella
contra te nata in cielo
a tal dolor ti mena?
Ch’io ti lasci? Non mai,
finch’io non oda almeno
di sí fero dolor l’alta cagione.
Ma che fia mai che turbi,
fuor d’amorosi impacci,
il tuo felice stato?