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ATTO QUINTO II9
Oron.E tu, vecchio bugiardo,
a me dunque ne vai
con quest’ardita fronte
menzognette recando?
Mel.Mercé, per Dio, mercede!
Ecco la vita mia,
signor, ne le tue mani. Arban di Smirna
costei mi diede in cura, e per iscampo
di me, di lei, di lui,
la già celando altrui.
Oron.Tu m’avviluppi: io non intendo. Dimmi
più chiaramente come
venne in tua man costei.
Mel.Signor, dirollo:
tu l’ira affrena intanto. Oimè!
Oron.Pon’ fine
a’ sospiri, e di’ tosto.
Mel.Allor che ? re di Smirna assalse armato
le campagne di Tracia, un di sua gente,
quell’Arban ch’io dicea, costei bambina,
e seco un garzoncello,
fé’ prigioni ad un tempo...
Niso.Ed ecco...
Oron.Taci,
non mi turbar: tu segui.
Mel.Ai sembianti, a le vesti, ai portamenti
parver d’alta fortuna:
ond’ invaghito Arbano
de la preda gentile,
teme che’l re nel privi;
la cela, e si non cura
un decreto real, ch’ogni soldato
deggia deporre in man del re quantunque
fa prigionieri o spoglie.
Il re di Tracia intanto,
pien d’ira, minaccioso,