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[St. 35-38] libro ii. canto xxx 505

         Non guarda Martasino a tal parlare,
     E ponto non l’intende e non l’ascolta,
     Chè certamente aveva altro che fare,
     Tanto Ranaldo lo menava in volta.
     Ma il re Sobrin non stette ad aspettare:
     Avendo ad ambe man sua spada tolta,1
     Percosse di gran forza il fio d’Amone
     Sopra al cimier, che è un capo di leone.

         Un capo di leone e il collo e il petto
     Portava il pro’ Ranaldo per cimiero,2
     Ma il re Sobrino il tolse via di netto,
     Chè tutto il fraccassò quel colpo fiero;
     Onde prese de ciò molto dispetto,
     E volta a quel pagano il cavalliero;
     Ma, mentre che si volta, Martasino
     Percosse lui ne l’elmo de Mambrino.

         Come ne l’alpe, alla selva men folta,
     Da’ cacciatori è l’orso circondato,3
     Quando l’armata è d’intorno aricolta,
     Chi tra’ davanti e chi mena da lato;
     Lui lascia questo, e a quello altro si volta,
     Chè de ciascun vole esser vendicato,
     E mentre che a girarse più se affretta,
     Più tempo perde e mai non fa vendetta:

         Cotale era Ranaldo in quel zambello,
     Sendo condutto a quei pagani in mezo;
     A lui sempre feriva or questo, or quello,
     Et esso a tutti attende e fa ’l suo pezo.4
     Ciascuno de quei re sembrava ocello,
     Come scrive Turpino, il quale io lezo;
     Tanto eran presti e scorti nel ferire,
     Ch’io nol posso mostrar, nè in rima dire.

  1. T., Ml. e Mr. colta.
  2. P. il buon.
  3. T. e Ml. cacciatori è.
  4. Ml. e Mr. agirarse; P. aggirarsi.