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[St. 31-34] libro ii. canto xxix 487

         Così parlava con molta arroganza,
     Verso quel monte ratto se distende.
     Sopra del prato integra era una lanza:
     Chinosse il conte e quella in terra prende,
     Chè cotal cosa avea spesso in usanza:
     Non so se lo atto a ponto ben s’intende;
     Dico, stando in arcione, essendo armato,1
     Quella grossa asta su tolse del prato.

         Con essa in su la coscia passa avante
     Sopra de Brigliador, che sembra occello.
     Ma ritornamo a dir del re Agramante,
     Che, veggendo nel piano il gran zambello,
     Forte allegrosse di cotal sembiante,
     E fie’ chiamarsi avante un damigiello,
     Qual fu di Constantina incoronato,
     E Pinadoro il re fu nominato.

         A lui comanda che vada soletto
     Tra quelle gente e, senza altra paura,
     Là dove il grande assalto era più stretto
     E la battaglia più crudiele e dura,
     Piglia qualche barone al suo dispetto,
     Vivo lo porti a lui con bona cura;
     O quattro o sei ne prenda ad un sol tratto,
     Acciochè meglio intenda tutto il fatto.

         Re Pinadoro parte cavalcando,2
     E prestamente scese la gran costa;
     Da poi, per la campagna caminando,
     Non pone a speronare alcuna sosta,
     Ma poco cavalcò che trovò Orlando,
     Come venisse per scontrarlo a posta,
     E disfidandol con molta tempesta
     Se urtarno adosso con le lancie a resta.

  1. T. Dico che andò in.
  2. Ml. Pinador se; Mr. Pinadoro se; P. Pinador si.