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[St. 43-46] libro ii. canto xxviii 475

         Poi l’altro giorno, come è loro usanza,
     Una gran festa se ebbe ad ordinare,
     E venne Fiordelisa in quella danza,1
     Chè Brandimarte e lei fece invitare.
     Tre son vestiti ad una somiglianza,
     Chè tal divisa altrui non può portare;
     Brandimarte e Agramante con Rugiero2
     D’azurro e d’or indosso hanno il quartiero.

         Standosi in festa et ecco un tamburino
     Vien giù del catafalco a gran stramaccio.
     Per tutto traboccava quel meschino,
     Chè ogni festuca gli donava impaccio,
     O che la colpa fosse il troppo vino,
     O che di sua natura fosse paccio;
     Ma sopra al tribunal ove è Agramante,
     Pur se conduce e a lui se pone avante.3

         Il re, credendo de esso aver diletto,
     Lo recevette con faccia ridente;
     Ma, come quello è gionto al suo cospetto,
     Batte la mano e mostrase dolente,
     E diceva: Macon sia maledetto,
     E la Fortuna trista e miscredente,
     Qual non riguarda cui faccia segnore,
     Et obedir conviensi a chi è peggiore!

         Costui de Africa tutta è incoronato,
     La terza parte del mondo possiede,
     Et ha cotanto popolo adunato
     Che spaventar la terra e il cel si crede.
     Or ne lo odor de algalia e di moscato
     Tra belle dame il delicato siede,
     Nè se cura de guerra, o de altro inciampo,
     Pur che se dica che sua gente è in campo.

  1. P. a quella.
  2. T. e Mr. omm. e; Ml. E Brandimarte Agr.
  3. P. condusse — T., Ml. e Mr. omm. e.