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[St. 3-6] libro ii. canto xxviii 465

         Fa che risponda a ciò che se ne dice,
     O valoroso et inclito segnore,
     Della tua corte, che è tanto felice
     Che de ogni vigoria mantiene il fiore.1
     A me soletto in su quella pendice2
     Provarli ad un ad un ben basta il core;
     Ma non so se al pensier cotanto ardito
     Mancarà lena, e vengami fallito.

         Stava Agramante in quel tempo a danzare
     Tra belle dame sopra ad un verone
     Che drittamente riguardava al mare,3
     Ove era posto il ricco pavaglione.
     Odendo il corno tanto ben sonare,
     Lasciò la danza e venne ad un balcone,4
     Apoggiandosi al collo al bel Rugiero,
     E giù nel prato vidde il cavalliero.

         E stando alquanto a quel sonare attento,
     La voce e le parole ben comprese,
     E vòlto alli altri disse: A quel ch’io sento,
     Questo di noi ragiona assai cortese;
     E certo che me ha posto in gran talento
     De essere il primo che faccia palese
     Se ponto ha di prodezza o di valore;
     Siano qua l’arme e il mio bon corridore.

         Benchè dicesse alcun che facea male,
     E mormorasse assai la baronia
     Che sua persona nobile e reale
     Aponga ad un che non sa chi se sia:
     Lui di natura e de animo è cotale
     Che mena a fretta ciò che far desia;
     Onde lascia da parte l’altrui dire,
     E prestamente se fece guarnire.

  1. T. mantieni; Ml. mantien.
  2. T. e Mr. quella.
  3. Ml., Mr. e P. al mare.
  4. Ml. vien; Mr. vene.