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[St. 59-62] libro ii. canto xxiii 395

         Poi dà tra gli altri e trasse Durindana,
     Perchè allo incontro avea rotta la lanza.
     Come apre il mare intrando una fiumana,
     Così quel paladin, che è il fior di Franza,
     Nel mezo a quella gente, ch’è pagana,
     Dimostra molto ardire e gran possanza,
     Tagliando e dissipando ad ogni mano;
     L’arme spezzate insino al cel ne vano.

         Ecco nel campo ha visto un gran pedone:1
     Questo era Maricoldo di Galizia,
     Che fa de’ nostri tal destruzïone
     Che a riguardare egli era una tristizia.
     Il conte lo mirava di storzone,
     Chè de sì fatti avea morti a dovizia,
     Fra sè dicendo: Sì grandon ti veggio,2
     Ch’io te voglio ascurtar un piede e meggio.

         E parlando così come io ve conto,3
     Con lui se azuffa e fu corto quel gioco,
     Chè dove avea segnato, lo ebbe agionto;4
     Nïente vi lasciò del collo, o poco,
     Et ascurtollo un piede e mezo aponto.
     Poi dà tra gli altri; come fusse un foco
     Posto di zugno in un campo de biada,
     Così destrugge e taglia con la spada.

         Re Stordilano abatte e Baricondo,
     E’ soi destrier e lor getta in un fasso.
     Colpito ha in fronte il primo, e quel secondo
     Avea ferito nel gallone al basso;
     La gente saracina va in profondo.
     Ecco scontrato al campo ha Maradasso,5
     Maradasso da Argina, lo Andaluccio,
     Che ha per insegna e per cimero un struccio.

  1. P. veda.
  2. Ml. e Mr. grande ne; P. grande io.
  3. T. e Ml. parlando.
  4. Ml. e Mr. dove avea.
  5. T., Ml. e P. campo ha.