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[St. 51-54] libro ii. canto xxiii 393

         E dapoi che ebbe la dama avisata,
     Ranaldo e Orlando chiamò, con amore1
     Dicendo a lor: Questa è quella giornata
     Che sempre al mondo vi può fare onore.
     Or questa è quella che ho sempre expettata,
     Per discerner qual sia di voi megliore;
     Per mia man seti entrambi cavallieri,
     Nè scio di qual di voi meglio mi speri.2

         Or via, miei paladini, alla battaglia!
     Ecco e’ nimici! Io non vi gli nascondo;3
     Fatime un squarcio entro a quella canaglia,
     Che sempre mai di voi se dica al mondo.
     Io non li stimo tutti un fil di paglia,
     Quando io vi guardo il viso furibondo;
     Nel vostro viso ben mi sono accorto
     Che il mio nemico è già sconfitto e morto.

         Non aspettâr più oltra e’ duo baroni
     Il ragionar che fece Carlo Mano.4
     Come dal cel turbato escon duo troni,
     E duo venti diversi allo oceàno,5
     Così van loro a furia di ronzoni.
     Ahi sventurato e tristo quel pagano,
     Qual sia scontrato da Ranaldo ardito!
     Nè quel de Orlando avrà meglior partito.

         Ranaldo avanti il conte un poco avancia,
     Perchè aveva il destrier più corridore;
     A mezo il corso aresta la sua lancia,
     Spronando tutta fiata a gran furore.
     Il re Larbino avea molta arrogancia,6
     Come hanno tutt’e’ Portugesi il core;
     E veggendo venire il fio de Amone,
     Chi è costui, disse, che ha sì bel ronzone?

  1. Ml. chiama.
  2. T. e Ml. scio di.
  3. Mr. omm. e'.
  4. Ml. facea.
  5. T. e Ml. E.
  6. T. arroganza.