Pagina:Boiardo - Orlando innamorato II.djvu/397

[St. 27-30] libro ii. canto xxiii 387

         Carlo chiamò da parte Bradamante,1
     Ch’è fior de gagliardia, quella donzella,
     E ’l bon Gualtiero, il cavalliero aitante,
     Et alla dama in tal modo favella:
     Tu vedi il monte il quale è qua davante.
     Là con Gualtiero a quel bosco ti cella,
     Con questi cavallier che tieco mando,
     Nè te partir di là, se io nol comando.

         Ella ne andò; ma sopra di quel piano
     Era battaglia sì crudele e stretta,
     Che nol potria contare ingegno umano.2
     A furia vien la gente maledetta;
     Benchè il franco Olivier col brando in mano
     Di qua di là gli taglia a pezzi e fetta,
     Pur si diffende assai la gente fiera:
     Ecco de il monte scende un’altra schiera.3

         Questo è il re Stordilano, e Malgarino
     E Baricondo è sieco, e Sinagone,
     E Maradasso più gli era vicino:
     La schiera guida al campo Falcirone.
     Costui portava al suo stendardo un pino
     Col foco ne le rame e nel troncone,
     Et ha la gente spessa come piova:
     Ben vi scio dir che il gioco se rinova.

         Alor Grandonio, quella anima accesa,
     Qual mai non se ha potuto adoperare,
     Sol per tenir la sua gente diffesa
     (Chè a ricoprirla troppo avea che fare),
     Ora una lancia in su la coscia ha presa,
     E sopra Salamon se lascia andare.
     Avendo posta già quella asta a resta,
     Roverso al campo il getta con tempesta.

  1. T. Brandamante.
  2. T. e Ml. non.
  3. Ml. e P. dal.