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[St. 39-42] libro i. canto ii 37

        Ora se mosse il possente Ricardo,
     Che signoreggia tutta Normandia.
     Un leon d’oro ha quel baron gagliardo
     Nel campo rosso, e ben ratto venìa.
     Ma Serpentino a mover non fu tardo,
     E rescontrollo a mezo della via,
     Dandogli un colpo de cotanta pena,
     Che il capo gli fe’ batter su l’arena.

        O quanto Balucante se conforta,
     Veggiendo al figliol sì franca persona!
     Or vien colui che i scacchi al scudo porta,
     E d’oro ha sopra l’elmo la corona:
     Re Salamone, quella anima acorta.1
     Stretto a la giostra tutto se abandona;
     Ma Serpentino a mezo il scudo il fiere,
     E lui gietta per terra e il suo destriere.2

        Astolfo alla sua lancia diè de piglio,
     Quella che l’Argalia lasciò su il prato.
     Tre pardi d’oro ha nel campo vermiglio,
     Ben ne venìa su l’arcione assettato.
     Ma egli incontrò grandissimo periglio,
     Chè il destrier sotto li fu trabuccato.
     Tramortì Astolfo, e lume e ciel non vede,
     E dislocosse ancora il dextro piede.

        Spiacque a ciascuno del caso malvaggio,
     E forse più che a gli altri a Serpentino,
     Perchè sperava gettarlo al rivaggio;3
     Ma certamente era falso indovino.
     Il duca fu portato al suo palaggio,
     E ritornògli il spirto pelegrino;
     E similmente il piede dislocato4
     Gli fu raconcio e stretto e ben legato.

  1. P. è quella.
  2. P. il giovanetto fiero A terra lo gettò co ’l suo destriero.
  3. P. a grand’agio.
  4. P. E finalmente.