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[St. 19-22] libro i. canto xxvi 451

         Rispose Astolfo a lei: Non fare estima,
     Che ogni zuffa che hai fatta, è stata un scherzo.
     Benchè èi d’ardire e di prodezza in cima,1
     Io ti saggio acertar ch’egli è un mal guerzo.2
     Tu, se te piace, andrai contra a lui prima,
     Questo serà il secondo, io serò il terzo.
     So che seriti a terra riversati,
     Ma ben vi scoderò, non dubitati.


         Disse Marfisa: Certo assai mi pesa
     Ch’io non possa provarme a quel valetto,
     Perchè mi convien fare altra contesa.
     Ma sopra la mia fede io ti prometto,
     Se io non son da quei duo morta, ni presa,
     Ch’io vederò de lui l’ultimo effetto.
Così stan questi ragionando in vano,
     Ma il conte Orlando è già gionto nel piano.

         Come fu gionto alla ripa del prato,
     Sua lancia arresta, che è grosso troncone.18. 3
     Stava Aquilante da lui al destro lato,
     Et al sinistro veniva Grifone.
     Trufaldin che ’l core avea mutato4
     Per la paura, e possa Chiarïone,
     Tutti di para insieme, e il re Adrïano
     Vengon spronando con le lance in mano.

         Da l’altra parte Marfisa se mosse:
     Seco Ranaldo, et un gran fuste arresta;
     Prasildo e Iroldo, che hanno estreme posse,
     Torindo e il duca Astolfo con tempesta.
     Tutti han le lancie smisurate e grosse:
     La giostra se incomincia, aspra e robesta.
     Ad uno ad uno e’ scontri vi vo’ dire,
     E tutto il fatto, come ebbe a seguire.

  1. Mr. e P. omm. èi.
  2. Ml. sagio; Mr. sogio
  3. P. che ha.
  4. Ml. Trufaldin che color.