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386 orlando innamorato [St. 3-6]

         Senza soccorso, adunque, la meschina
     Empìa de pianti la selva dintorno,
     Nè mai de aiuto chieder se rafina,1
     Battendosi con mano il viso adorno.
     Via la portava il vecchio a gran ruina,
     Sempre temendo averne onta e gran scorno,
     Nè mai sua mente al tutto ebbe sicura,
     Sin che fu gionto ad una tomba scura.2

         Nel sasso entrava quel falso vecchione,
     Cridando la donzella ad alta voce.
     Lui ha ben ferma e certa opinïone
     Di sfocar quel disio che il cor gli coce;
     Ma ne la tomba alor stava un leone
     Ismisurato, orribile e feroce;
     Il quale, odendo il crido e gran rumore,3
     Uscì fremendo con molto furore.

         Come lo vide il vecchio fuora uscire,
     Non domandati se egli ebbe paura;
     Pallido in faccia se pose a fuggire,
     Lasciando quella bella creatura,
     Che di spavento credette morire;
     Ma, come volse sua bona ventura,4
     Lasciolla quel leone, e via passava,
     Seguendo il vecchio che fuggendo andava.

         Lui gionse il vecchio, che al bosco fuggiva,
     E tutto quanto l’ebbe a dissipare.
     La dama non restò morta, nè viva,
     Nè di paura scia quel che si fare;
     Pur così quatta, per la verde riva
     Nascosamente prese a caminare,
     E già callato avendo il monte al piano,5
     Ritrovò uno omo contrafatto e strano.

  1. P. mai chiedere aiuto.
  2. T. e Ml. oscura.
  3. T. e Ml. e quel romore; P. e il gran r.
  4. Ml. vole.
  5. T., Ml. e Mr. callata.