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94 orlando innamorato [St. 19-22]

        E detto questo se ne andò nel mare,
     Là dove Malagise era pregione;
     Con l’arte sua là giù si fe’ portare,1
     Chè andarvi ad altra via non c’è ragione.
     Malagise ode l’uscio disserrare,
     E ben si crede in ferma opinïone,
     Che sia il demonio, per farlo morire,
     Perchè a quel fondo altrui non suol mai gire.

        Gionta che fu là dentro la donzella,
     Di farlo portar sopra ben si spaccia;
     E poi che l’ebbe entro una sala bella,
     La catena li sciolse dalle braccia;
     E nulla per ancora gli favella,2
     Ma ceppi e ferri dai piè li dislaccia.
     Come fu sciolto, li disse: Barone,
     Tu sei mo franco, ed ora eri prigione.

        Sì che, volendo una cortesia fare
     A me, che fuor te trassi di quel fondo,
     Da morte a vita mi pôi ritornare,
     Se qua mi meni il tuo cugin iocondo:
     Dico Ranaldo, che mi fa penare.
     A te la mia gran doglia non nascondo:3
     Penar fa me de amore in sì gran foco,4
     Che giorni e notte mai non trovo loco.5

        Se me prometti nel tuo sacramento
     Far qua Ranaldo inanti a me venire,
     Io te farò de una cosa contento,
     Che forse de altra non hai più desire:
     Darotti il libro tuo, se n’hai talento;
     Ma guarda, stu prometti, non mentire;
     Perchè te aviso che uno annello ho in mano,
     Che farà sempre ogni tuo incanto vano.

  1. T. e MI. fa.
  2. P. pur.
  3. P. secondo.
  4. MI. fame; P. fammi.
  5. P. giorno.