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verso la tua patria, contro le hai usato somma crudeltá, perché nel medesimo fallo che commettesti tu incorse anco Lorenzino de’ Medici, il quale, ancorché vedesse in Italia e fuori quella potenza delle armi di Carlo Quinto imperatore, che dalla Toscana esterminarono la libertá fiorentina, piú formidabili ch’elleno si fossero giammai, nondimeno, senza aver le considerazioni necessarie, che ti ho dette, uccise il duca Alessandro; dalla quale azione altro non cavò, che la propria ruina, un nuovo prencipe, le deplorande calamitá di Monte Murlo e le altre infelicitá fiorentine».

Ragguaglio XXXI. — Ad anteriori elaborazioni di questo

ragguaglio sono da riferirsi i due Appunti di P (cc. 132 r.-v.), che

trascrivo: «Uno si mise nello spedale de’matti da sé, poiché, avendo difeso la causa della casa, gli fu rilasciato il mandato per la pigione: pugna prò patria »; « Usci la dichiarazione: pugna prò patria , impugnata da’ prencipi, che se ne appellarono».

Ragguaglio XXXII. — Non è da escludersi che questo ragguaglio abbia generato la voce insistente, ma infondata (sebbene

confermata da una dichiarazione dei figli del Boccalini), che attribuí la sua morte alla « violenza dei veleni » propinatigli da mano spagnuola. Cfr. anche l’annotazione a Cent. II, 3 e, in genere, lo scritto di G. Nascimbkni in « Giorn. stor. della lett. ital. », voi. 52, 1908, pp. 71-92.

133 10 Secondo quanto narra Plinio (Nat. Hist., XXX, 53) Aristotele avrebbe tentato di avvelenare Alessandro Magno; cfr. anche piú oltre la p. 260.

Ragguaglio XXXIII. — È in P, autografo con molte correzioni, al n. 67. Varianti: 13523 « condannazione, nondimeno essendogli cosa molto vecchia, che gli uomini tutti seguono non le

persone dei prencipi, ma la fortuna lor grande»; 139 30-14° 8 «Augusto, poteva io dir di regnar sicuro? E se essi, congiurandomi contro, mi avessero levato ed impedito la vita, non sarebbe ella stata interpretata crassa ignoranza, somma inettitudine, ché non so regnare dove si corre pericultim ex misericordia ; risoluti devono esser i prencipi nella severitá, oltre che le uccisioni »; 14025-141 j« diffidente, percioché non cosa virtuosa è la piacevolezza e la clemenza, che i prencipi nuovi usano con i soggetti principali di uno Stato, che pretendono di voler limitare l’autoritá del comandare