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RAGGUAGLI DI PARNASO


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RAGGUAGLIO XLII


Argo si proferisce ai duci di Vinegia di guardar la pudicizia della serenissima Libertá loro, e non è accettato.

Dacché ad Argo tanto infelice succedette la cura che gli fu data della bellissima Io, infin ora sempre è stato ozioso in Parnaso; percioché, sebbene con grossi salari altri prencipi grandi hanno voluto condurlo per guardar la pudicizia delle donne loro, egli nondimeno sempre ha rifiutato la cura di piú volere nell’avvenire guardar l’onore di qualsivoglia signora: nell’infelice negozio di Io essendosi chiarito che queste, quando sono di mal genio o hanno un sollecitator potente, né anco mille Arghi bastano per assicurarsi di esse. Con tutto ciò questi ultimi giorni trovandosi egli molto bisognoso, si proferí al serenissimo Andrea Gritti e agli altri prencipi della republica veneziana di guardar la bellissima Libertá loro, pur che li fosse dato competente salario ; e de’ cento occhi, ch’egli ha, si offerse perpetuamente tenerne novantotto aperti e vigilanti per custodia di quella serenissima principessa. Con gratissime parole fu Argo dal Gritti e dagli altri serenissimi duci veneziani ascoltato: i quali prima gli fecero dono di una borsa piena di molte migliaia di zecchini, co’ quali gli dissero che rimuneravano la buona volontá che aveano veduta in lui; ma che dell’opera non avevano bisogno, poiché per guardar la pudicizia della Libertá loro, oltre il castissimo genio di quella signora, non i cento di lui, ma che solo bastavano i sei occhi del vigilantissimo e tremendo magistrato dei tre inquisitori di stato: quali col terrore della spada della giustizia, che perpetuamente vibravano contro i libidinosi, operavano che la Libertá loro, ancor che sia di singolar bellezza, anche da’ piú salaci ambiziosi che abbia 1’universo, era rimirata con occhi castissimi, amata con amore perfettamente platonico.