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LIBRO TERZO 101


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Essi credevan, mirandola bene,
     Saziar l’ardente sete del disio,
     E minor far le lor gravose pene:
     Ed essi più del valoroso iddio
     Cupido si strigneano le catene:
     Ed or con lento aspetto ed or con pio
     Si dimostravan, rimirando quella,
     Sol per piacere a lei, quanto a lor ella.

33


E come avvien che ’l dente del serpente
     Più lede altrui con piccola morsura,
     Sè dilatando poi subitamente,
     Offusca il membro della sua mistura
     Poi l’uno all’altro successivamente,
     In fin che ’l corpo tutto quanto scura:
     Così costoro di dì in dì mirando,
     D’amor il fuoco gieno aumentando.

34


E sì per tutto l’avevan raccolto,
     Che ad ogni altro pensier dato avien loco,
     Ed a ciascun già si parea nel volto,
     Per le vigilie lunghe, e per lo poco
     Cibo ched e’ prendean, ma di ciò molto
     Davan la colpa all’allegrezza e al giuoco
     Ch’aver solieno, e ora eran prigioni,
     Così coprendo le vere cagioni.