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SOPRA DANTE 333

di quello. E questi peccati, li quali io dico che ne’ predetti furono, mostra l’autore sotto intollerabili supplicii, e in dannazion perpetua essere appresso puniti. Per la qual cosa appare, come davanti dissi, ’l autore a sè medesimo contradire. Ma a questo dubbio mi pare si possa in così fatta maniera rispondere: essere di necessità i meriti e le colpe per gli autori di quelle convenirsi descrivere, acciocchè più pienamente si possan comprendere: e queste non per ogni autore, perciocchè assai ne sono di sì piccola fama, che non essendo conosciuti non sarebbono intese, ma per eccellenti e famosi uomini intorno a quelle cose le quali alcun vuole che intese sieno; e perciò e qui e per tutto il suo libro 1’autore quasi altra gente non pone, se non quelli cotali per li quali crede più essere conosciuto e inteso quello che dir vuole. Quantunque egli per questo non intenda che alcuno creda, che egli alcun de’ nominati vedesse, nè in inferno nè altrove, ma vuole, che per gli nominati s’intenda, essere in quello luogo qualunque è stato colui in cui quelle medesime virtù o vizii stati sono. E oltre a ciò, quantunque Enea, Giulio, e Lucrezia e gli altri detti stati peccatori, qui discritti dall’autore, intende esso autore questi cotali in questo luogo si prendan solamente per virtuosi in quelle virtù che loro qui attribuite sono, e le colpe, quasi non sute, si lascino stare. E così prenderemo quivi chiunque fu in opere simili a Giulio, in quanto virtuoso, e non battezzato, e così di Lucrezia e degli altri, e non inquanto in alcune cose peccarono; e in questa maniera si conviene sostener questo te-