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178 IL FILOSTRATO


XXV.


Chi ti ved’ora, dolce anima bella?
     Chi siede teco, cor del corpo mio?
     Chi t’ascolta ora, chi teco favella?
     Oimè lasso più ch’altro, non io!
     Di’ che fa’ tu? or étti punto nella
     Mente di me, o messo m’hai in oblio
     Per lo tuo padre vecchio ch’ora t’have,
     Laond’io vivo in pena tanto grave?

XXVI.


Qual tu m’odi ora, Pandaro, cotale
     Ho tutta notte fatto, nè dormire
     Lasciato m’ha quest’amoroso male;
     O pur se sonno alcun nel mio languire
     Trovato ha luogo, niente mi vale,
     Perchè dormendo sogno di fuggire,
     O d’esser solo in luoghi paurosi,
     O nelle man di nemici animosi.

XXVII.


E tanta noia m’è questo a vedere,
     E sì fatto spavento m’è nel core,
     Che vegghiar mi saria meglio e dolere:
     E spesse volte mi giugne un tremore
     Che mi riscuote e desta, e fa parere
     Che d’alto in basso io caggia, e desto, amore
     Insieme con Griseida chiamo forte,
     Or per mercè pregando, ora per morte.