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ma senza parlare a’ compagni, passando allato alle disabitate mura di Giulio Cesare e da’ compagni costrutte negli antichi anni, per uno antico ponte passarono l’acqua: non però verso Alfea diritto cammino presero, avvegnachè piccolo spazio la loro via forse per più sicurà elessero più lunga, o che gl’iddii, a cui niuna cosa si cela, volonterosi a tal cammino gli dirizzassono: e pervenuti nella solinga pianura, vicina al robusto cerreto nel quale fuggito s’era il misero Fileno, e quivi trovandosi, l’acqua venuta per subita piova dalle vicine montagne rovinosa avanzò i termini del piccolo fiume che appiè dell’alto cerreto correa, e di quindi abbondevolmente uscì allagando il piano, onde costretti furono a ritirarsi sopra 'l cerruto colle, forse di maggiore pericolo dubitando: e quivi tirandosi, di lontano videro tra gli spogliati rami antichissime mura, alle quali immaginando che abitazione fosse s’accostarono e entrarono in quelle, nè più tosto vi furono, che il luogo essere stato tempio degli antichi iddii conobbero. Quivi piacque a Filocolo di fare sagrificii a’ non conosciuti e strani iddii, poichè i fati nel tempio recati li aveano, e fatte levare l’erbe e le frondi e i pruni cresciuti per lungo abuso sopra il vecchio altare, e similemente le figure degl’iddii con pietosa mano ripulire e adornare di nuovi ornamenti, domandò che un toro gli fosse menato: e vestito di vestimenti convenevoli a tale uficio, fece sopra l’umido altare accendere odorosi fuochi, e colle propie mani uccise il toro, e le interiora di quello per sacrificio nell’acceso fuoco divotamente offerse: e poi inginocchiato davanti all’altare, con divoto animo incominciò queste parole: o sommi iddii, se in que-