me dalla mia speranza rimoverà. Perchè l’uno de’ due fini aspettando, quantunque l’uno più che l’altro desiderassi, per una mia lettera piena di quelle parole che più onestamente intorno a così fatta materia dir si possono, il mio ardente desiderio le feci sentire. A questa lettera seguitò per risposta una sua piccola letteretta, nella quale, quantunque ella con aperte parole niuna cosa al mio amor rispondesse, pure con parole assai zoticamente composte, e che rimate parevano non erano rimate, siccome quelle che l’un piè avevano lunghissimo e l’altro corto, mostrava di disiderar di sapere chi io fossi. E dirotti più, ch’ella in quella s’ingegnò di mostrare d’avere alcun sentimento d’una opinione filosofica, quantunque falsa sia, cioè che un’anima d’un uomo in un altro trapassi: il che alle prediche, non in libro nè in scuola son certo ch’apprese: e in quella me a uno valente uomo assomigliando, mostrò di volere, lusingando, contentare; affermando appresso sommamente piacerle chi senno e prodezza e cortesia avesse in sè, e con queste antica gentilezza congiunta. Per la quale lettera, anzi per lo stile del dettato della lettera, assai leggiermente compresi, o colui che di lei assai cose dette m’avea esser di gran lunga del natural senno di lei e della ornata eloquenzia ingannato, o averne voluto me ingannare. Ma non potè perciò, non che spegnere, ma pure un poco il concetto fuoco diminuire, e avvisai, che ciò che scritto m’avea, niun’altra cosa volesse dire per ancora, se non darmi ardire a più avanti scrivere, e speranza di più particular risposta che quella, e ammaestramento e regola in quelle cose fare che per quella poteva comprendere che le piacesso-