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26 giornata sesta

quale, secondo la sua usanza, del mese d’agosto tra l’altre v’andò una volta, ed una domenica mattina, essendo tutti i buoni uomini e le femine delle ville da torno venuti alla messa nella calonica, quando tempo gli parve, fattosi innanzi, disse: — Signori e donne, come voi sapete, vostra usanza è di mandare ogni anno a’ poveri del baron messer santo Antonio del vostro grano e delle vostre biade, chi poco e chi assai, secondo il podere e la divozion sua, acciò che il beato santo Antonio vi sia guardia de’ buoi e degli asini e de’ porci e delle pecore vostre; ed oltre a ciò, solete pagare, e spezialmente quegli che alla nostra compagnia scritti sono, quel poco debito che ogni anno si paga una volta. Alle quali cose ricogliere io sono dal mio maggiore, cioè da messer l’abate, stato mandato: e per ciò, con la benedizion di Dio, dopo nona, quando udirete sonare le campanelle, verrete qui di fuori della chiesa, lá dove io al modo usato vi farò la predicazione, e bascerete la croce; ed oltre a ciò, per ciò che divotissimi tutti vi conosco del barone messer santo Antonio, di spezial grazia vi mostrerò una santissima e bella reliquia, la quale io medesimo giá recai dalle sante terre d’oltremare: e questa è una delle penne dell’agnol Gabriello, la quale nella camera della Vergine Maria rimase quando egli la venne ad annunziare in Nazarette. — E questo detto, si tacque e ritornossi alla messa. Erano, quando frate Cipolla queste cose diceva, tra gli altri molti nella chiesa due giovani astuti molto, chiamato l’uno Giovanni del Bragoniera e l’altro Biagio Pizzini, li quali poi che alquanto tra sé ebbero riso della reliquia di frate Cipolla, ancora che molto fossero suoi amici e di sua brigata, seco proposero di fargli di questa penna alcuna beffa. Ed avendo saputo che frate Cipolla la mattina desinava nel castello con un suo amico, come a tavola il sentirono, cosí se ne scesero alla strada, ed all’albergo dove il frate era smontato se n’andarono, con questo proponimento, che Biagio dovesse tenere a parole il fante di frate Cipolla, e Giovanni dovesse tra le cose del frate cercare di questa penna, chente che ella si fosse, e tôrgliele, per vedere come egli di questo fatto poi dovesse al popol dire. Aveva frate Cipolla un suo fante, il quale alcuni chiamavano Guccio Balena ed altri