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novella settima 145

gli occhi dello ’ntelletto, come giá fecero le tue disleali promessioni: io mi conosco, né tanto di me stesso apparai mentre dimorai a Parigi, quanto tu in una sola notte delle tue mi facesti conoscere. Ma presupposto che io pur magnanimo fossi, non se’ tu di quelle in cui la magnanimitá debba i suoi effetti mostrare: la fine della penitenza nelle salvatiche fiere come tu se’, e similmente della vendetta, vuole essere la morte, dove negli uomini quello dée bastare che tu dicesti; per che, quantunque io aquila non sia, te non colomba ma velenosa serpe conoscendo, come antichissimo nemico, con ogni odio e con tutta la forza di perseguire intendo, con tutto che questo che io ti fo non si possa assai propriamente vendetta chiamare, ma piú tosto gastigamento, in quanto la vendetta dée trapassar l’offesa, e questo non v’aggiugnerá, per ciò che, se io vendicarmi volessi, riguardando a che partito tu ponesti l’anima mia, la tua vita non mi basterebbe togliendolati, né cento altre alla tua simigliami, per ciò che io ucciderei una vile e cattiva e rea feminetta. E da che diavol, togliendo via cotesto tuo pochetto di viso, il quale pochi anni guasteranno riempiendole di crespe, se’ tu piú che qualunque altra dolorosetta fante? Dove per te non rimase di far morire un valente uomo, come tu poco avanti mi chiamasti, la cui vita ancora potrá piú in un dí essere utile al mondo che centomilia tue pari non potranno mentre il mondo durar dée. Insegnerotti adunque con questa noia che tu sostieni che cosa sia lo schernir gli uomini che hanno alcun sentimento e che cosa sia lo schernir gli scolari, e darotti materia di giá mai piú in tal follia non cader, se tu campi. Ma se tu n’hai cosí gran voglia di scendere, ché non te ne gitti tu in terra? E ad una ora con l’aiuto di Dio, fiaccandoti tu il collo, uscirai della pena nella quale esser ti pare e me farai il piú lieto uom del mondo. Ora io non ti vo’ dir piú: io seppi tanto fare, che io costá sú ti feci salire; sappi tu ora tanto fare, che tu ne scenda, come tu mi sapesti beffare. — Parte che lo scolare questo diceva, la misera donna piagneva continuo, ed il tempo se n’andava, salendo tuttavia il sol piú alto. Ma poi che ella il sentí tacer, disse: — Deh!