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novella sesta 127

[VI]

Bruno e Buffalmacco imbolano un porco a Calandrino; fannogli fare l’esperienza da ritrovarlo con galle di gengiovo e con vernaccia, ed a lui ne dánno due, l’una dopo l’altra, di quelle del cane confettate in aloè, e pare che l’abbia avuto egli stesso; fannolo ricomperare, se egli non vuole che alla moglie il dicano.


Non ebbe prima la novella di Filostrato fine, della quale molto si rise, che la reina a Filomena impose che seguitando dicesse; la quale incominciò:

Graziose donne, come Filostrato fu dal nome di Maso tirato a dover dire la novella la quale da lui udita avete, cosí né piú né men son tirata io da quel di Calandrino e de’ compagni suoi a dirne un’altra di loro, la qual, sí come io credo, vi piacerá.

Chi Calandrino, Bruno e Buffalmacco fossero, non bisogna che io vi mostri, ché assai l’avete di sopra udito: e per ciò, piú avanti faccendomi, dico che Calandrino aveva un suo poderetto non guari lontan da Firenze, che in dota aveva avuto dalla moglie, del quale, tra l’altre cose che sú vi ricoglieva, n’aveva ogni anno un porco; ed era sua usanza sempre colá, di dicembre, d’andarsene la moglie ed egli in villa, ed ucciderlo e quivi farlo salare. Ora, avvenne una volta tra l’altre che, non essendo la moglie ben sana, Calandrino andò egli solo ad uccidere il porco; la qual cosa sentendo Bruno e Buffalmacco, e sappiendo che la moglie di lui non v’andava, se n’andarono ad un prete loro grandissimo amico, vicino di Calandrino, a starsi con lui alcun dí. Aveva Calandrino, la mattina che costor giunsero il dí, ucciso il porco, e veggendogli col prete, gli chiamò, e disse: — Voi siate i ben venuti; io voglio che voi veggiate che massaio io sono. — E menatigli in casa, mostrò loro questo porco. Videro costoro il porco esser bellissimo, e da Calandrino intesero che per la famiglia sua il voleva salare; a cui Brun disse: — Deh! come tu se’ grosso!