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CAPITOLO XIV. 59

Ogni lingua verrebbe a dirlo meno,
     50Però qui m’aggia lo lettore alquanto
     Scusato, s’io non gli ritraggo appieno.
Quand’io ebbi costor mirati tanto
     Ch’a me stesso increscea, io mi voltai,
     Com’altri volle, verso il destro canto.
55Ver è che disiato avrei assai
     D’essere stato della loro schiera,
     Se con onor potesse esser giammai.
E s’io vi fossi stato, come v’era
     Alcun ch’io vi conobbi, io avrei fatto
     60Sì, che veduta fora la mia cera,
Credo, più volentier da tal, che matto
     Or mi riputa, perocchè i’ ho poco,
     E più caro m’avrebbe in ciascun atto.
Ha! lasso, quanto nelli orecchi fioco
     65Risuona altrui il senno del mendico,
     Nè par che luce o caldo abbia ’l suo foco.
E ’l più caro parente gli è nemico,
     Ciascun lo schifa, e se non ha moneta,
     Alcun non è che ’l voglia per amico.
70Vnque s’ogni uomo pur di quello asseta,
     Mirabile non è, poichè virtute
     Senza danari nel mondo si vieta.
Il cui valor, se fosse alla salute
     Di quel pensato ch’uomo pensar dee,
     75Non le ricchezze sarian sì volute;
Ma io mi credo, che parole ebree
     Parrebbono a ciascun chiaro intelletto,
     Il dir che le ricchezze fosser ree.