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«sudore»; e se tosto le parti predette non recuperassero il sangue e le forze loro, caderebbc l’uomo, e parrcbbegli venir meno come se egli morisse; e forse perseverando il sudore si morrebbe: ed liannone giá alcuni, essendo per paura il sangue rifuggito dentro, perduti o debilitati alcuni membri in guisa che mai poi operare non gli hanno potuti (e dicono i meno savi questi cotali essere stati guasti dal dimonio) e per avventura anche se ne son morti. «La terra lacrimosa», cioè quella valle d’inferno, o per li molti pianti che in quella si fanno, o per l’umiditd, la quale è nella concavitá della terra generala dal freddo, il quale ha l’esalazioni della terra calde e umide risolute in acqua: la quale primieramente accostata alla terra fredda, è fatta in forma di lacrime, e cosí si può dire l’inferno essere lacrimoso. «Diede», cioè causò, «vento». Generansi i venti, secondo che ad Aristotile piace nel secondo della Meteora, d’esalazioni calde e secche della terra, cacciate sopra da sé da’ nuvoli freddi o da alcun freddo che nell’acre sia. Le quali cose come in inferno sicno, non so. Estimo che ’l tumultuoso rivolgimento, il quale l’autore vuol mostrare che vi sia, causi alcuno impeto il quale muova quello aere, e l’aere mosso paia vento. «Che balenò una luce vermiglia». Questi non sono accidenti che la natura soglia producere sotterra, e perciò è verisimile quello movimento dell’aerc, il quale ho detto essere stato, e, oltre a questo, quello impeto, avere dalle parti inferiori seco recata qualche vampa di fuoco, la quale in forma di un baleno apparve all’autore. «La qual», luce, «mi vinse ogni mio sentimento»; segno è, per questo, avere quella luce grandissimo stupore messo nell’autore, ed essere stato tanto, che quello ne sia seguito clic dice, cioè: «E caddi, come Tuoni cui sonno piglia».