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ignoranti si sforzano di tirare in testimonio di ciò che essi non intendono, con tanta diligenzia i versi de’ poeti studiò e servò nella memoria, che quasi paia nulla nelle sue opere non avere senza la testimonianza loro fermata. E, se essi non credono questo, veggano, tra gli altri suoi libri, il prologo del libro il quale egli chiama Hebraicarum quaestionum, e considerino se quello è tutto terenziano. Veggano se esso spessissime volte, quasi suoi assertori, induce Virgilio e Orazio; e non solamente questi, ma Persio e gli altri minori poeti. Leggano, oltre a questo, quella facundissima epistola da lui scritta a sant’Agostino, e cerchino se in essa l’ammaestrato uomo pone i poeti nel numero de’ chiarissimi uomini, li quali essi si sforzano di confondere.] [Appresso, se essi noi sanno, leggano negli Atti degli apostoli e troveranno se Paolo, vaso d’elezione, studiò i versi poetici, e quegli conobbe e seppe. Essi troveranno lui non avere avuto in fastidio, disputando nello areopago contro la ostinazione degli ateniesi, d’usare la testimonianza de’ poeti; e in altra parte avere usato il testimonio di Menandro comico poeta, quando disse: «Corrumpunt mores bonos colloquia mala». E similmente, se io bene mi ricordo, egli allega un verso di Epimenide poeta, il quale attissimamente si potrebbe dire contro a questi sprezzatori de’ poeti, quando dice: «Cretenses semper mendaccs, malae bestiae, ventres pigri-». E cosí colui, il quale fu rapito insino al terzo cielo, non estimò quello, che questi piú santi di lui vogliono, cioè esser peccato o abbominevole cosa aver letti e apparati i versi de’ poeti. Oltre a tutto questo, cerchino quello che scrisse Dionisio areopagita, discepolo di Paolo e glorioso martire di Gesú Cristo, nel libro il quale compose Della celeste gerarchia. Esso dice e proseguita e pruova la divina teologia usare le poetiche Azioni, dicendo intra l’altre cose cosí: «Etenim valde ar/ificialiter theologta poéticis sacris forviationibus, in non jíguratis intellectibus usa est, nostram, ut dictuni est, animavi reíevans, et ipsi propria et conieclúrali reductione providens, et ad ipsutn l eformans anagogicas sanctas Scripturas»; ed altre cose ancora assai, le quali a questa somma seguitano. E ultimamente, accioché io lasci star gli altri, li quali io potrei inducere incontro a questi nemici