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renazzi cav. emidio

quanto mal gitto si fa del pubblico denaro con il poco che basterebbe a sopperire ai naturali e più urgenti bisogni, od alla spensieratezza. - Il cattivo alloggio influisce pur troppo gravemente sulla moralità di una popolazione: l’uomo, anche se laborioso, quando si riduce in casa, se questa è peggio che povera, triste e malsana, prova irresistibile il bisogno di divagarsi, di seppellire nel vino gli spiaceri che lo angustiano, dal vino nasce l’allettativa del giuoco, dal giuoco la rissa, e quindi quello sciagurato contingente alle carceri, dove si educa la mente ed il cuore al delitto. La donna prova pure irresistibile il bisogno di respirare un’aria più pura, ma il tempo che passa fuori delle pareti domestiche la rende disamorata della casa, nella educazione dei figliuoli negletta, inchinevole alla parola della seduzione, e zitella o maritata cade facilmente nella prostituzione. I figli fanno vita per le strade, e crescono oziosi e sviati da ogni principio di soggezione e di morale, oggi marmagliume brulicante sulle pubbliche vie, domani praticanti di delitti, massa sè movente che va quindi a colare negli spedali e nelle carceri. A chi stà alla direzione della pubblica cosa, cotesti fatti non possono sfuggire, ma con mente e cuore retto deve seriamente ponderarli per il provvedimento. - La casa è il tempio, dove si presta il culto alla virtù; dove i genitori, sacerdoti del dovere, formano i cittadini dell’avvenire, e, grama quelle società che le esteriori magnificenze prepone al favorire con ogni mezzo la buona educazione! Istruire è bene, la scuola materiale forma la mente, ma il cuore si apre ed assorbe i principi nella famiglia, e questi come il sangue per il corpo trasmette poi nella vita sociale. - Conviene adoperarsi perchè lo straniero visitando Roma contempli pure gli avanzi dell’antichità, ma perchè il monumento più bello della civiltà moderna esso ammiri e stimi «la famiglia onesta, e le carceri sparite».

Nello estenderci in siffatte riflessioni di pubblico ordine, crediamo fermamente di avere interpretate le idee eziandio del Renazzi, il quale nel materiale riordinamento della città, ebbe in mira il fatto morale di migliorare il vivere stesso del cittadino a qualsiasi classe appartenga, fino all’infima. E se a ciò fosse riescito, o rannerbando il volere vi giungesse, è certo che ad opera oltre ogni dire bellissima legherebbe il suo nome, e senza il vanto puerile di ingingillarsi il petto in vita, e di assicurarsi appresso morte una epigrafe ed una statua, avrebbe nella propria coscienza la convinzione ed il compiacimento di essere stato fra i pochissimi, che la nuova vita politica di Roma volle, seppe e potè volgere a qualche cosa di seriamente vantaggioso.

Di Emidio Renazzi assessore non puossi peraltro insino ad ora scrivere se non il concetto dell’avvenire, poichè poco havvi che entri noi novero dei fatti. Intenzioni belle e molte nel Renazzi convien riconoscere; idee inspirate al grande ed all’utile, per lo studio ch’esso fece dei bisogni della sua terra con tutto ciò che potè ammirare ed imparare peregrinando per l’Europa; il nome suo nel Municipio è promessa e pegno di bene. Che se anche il Renazzi cade nel culto alquanto esage-