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90 capo xx.

sentano gl’inconvenienti, per non infermare i loro pregiudizi si torturano al fine di riferirli a cagioni men naturali, parendo loro impossibile che una legge tanto diuturna ed antica possa capire in sè la minima imperfezione, e molto più l’errore si abbarbica se in lui vi ha parte quello a che il vulgo dà nome di religione.

Questa verità si manifesta precipuamente nella materia dei beneficii ecclesiastici che fu per longa età l’argomento della monarchia papale, e continua ad essere il più saldo puntello della esistenza di lei e della indipendenza dei preti dal governo civile.

Avendo Gesù Cristo predicato l’amore della povertà e il disprezzo de’ beni del mondo, e veggendo come i preti che si dicono suoi ministri, e i papi che si vantano suoi vicari, già da più di mille anni hanno inventate tante arti per far denaro, si direbbe che quanto Gesù Cristo ha fatto per stabilire una religione disinteressata e celeste, altrettanto i cherici si sono adoperati per distrugger quella, e sostituirne una avarissima e degna del più sottile finanziere. Nei grossi volumi che compongono il corpo del diritto canonico, fra tanta farragine di canoni e decreti e costituzioni di papi quanti ne furono promulgati dal secolo IX a questa parte, appena qualche arido cenno si riscontra che tocchi il perfezionamento morale dell’uomo, e tutto il resto non riguarda che invenzioni per ingrandire il clero ed arricchirlo; talchè si crederebbe che la religione dell’Evangelio sia da lungo tempo abbandonata al genio vile e rapace de’ pubblicani.