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capo xix. 67

stato vero, quelli che allora si chiamavano imperatori romani, benchè tedeschi, e spesse volte non avessero mai veduto Roma, avrebbero dovuto ampliare le loro pretensioni su tutti gli stati dell’Europa; ovvero se questa imprescrittibilità di un diritto o di un possesso originario potesse mai aver forza, richieste a sindacato le ragioni di tutti i monarchi, si troverebbe che neppur uno possiede legittimamente gli stati che tiene. Eppure una così assurda giurisprudenza pretendevano di mettere in voga alcuni pubblicisti alemanni, e i ministri spagnuoli, per nuocere a Venezia e molestarla tanto sia pel suo dominio dell’Adriatico, come ancora per alcune sue terre del Friuli e della Dalmazia, altre volte appartenute all’Imperio o all’Ungheria. E infatti è opinione vulgata che quel libro fosse opera del marchese di Bedmar, diplomatico di squisita erudizione e di molta pratica nei governi, e data in luce allora che vertiano differenze assai gravi della Repubblica coll’Austria e la Spagna, per cagione degli Uscocchi, per la navigazione dell’Adriatico, per le leghe di Venezia coi Grigioni ed Olandesi, pei soccorsi da lei prestati ora al duca di Mantova ora a quel di Savoia, e per altre cose in cui ella avversava le mire delle due case austriache, a intendere le quali è necessaria qualche digressione.

Venezia da tempi antichissimi si vantava sovrana dell’Adriatico. E veramente a chi considera la posizione sua, la distesa de’ suoi possessi lungo il littorale, la necessità che per difendersi aveva di dominare assolutamente quel mare, le spese enormi e le guerre che fece e che allora faceva per purgar-