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14 capo xviii.

sere suppliziato se prima il vescovo non lo ha degradato degli ordini sacri: nuovo appicco per intromettersi sordamente nelle cause di criminale e inciampare il libero andamento della giustizia secolare. Anco questa difficoltà fu proposta a Frà Paolo, che rispose: La degradazione essere un trovato moderno a similitudine de’ capitani che degradavano i cavalieri e i soldati per stabilire l’idea di onore che non si fa morire il soldato, ma un uomo comune; secondo la legge canonica non essere necessaria. Pure potersi permettere se il vescovo vuole farla; e non volendo, il giudice non debbe restare dalla sua sentenza; a quello stesso modo che non resta se il reo non vuole confessarsi, o non vuole confessarlo il prete, quando è chiaro che la confessione è più necessaria della degradazione ecclesiastica.

Altro soggetto di controversia insorse tra il finire del 1608 e il principiare del seguente anno. I preti e i frati onde allettare colla pompa delle luminarie molto concorso, e buscarsi più larghi guadagni, avevano fatto prevalere il pessimo costume di protrarre nelle feste solenni fino a tarda notte gli uffici vespertini: onde le chiese erano diventate conventicole di amoreggiamenti tra meretrici e giovani dissoluti, e scuole di corruttela alle vergini, e teatri di schermaglie dove spesso i rivali venivano alle armi. Il governo proibì quelle divozioni, e comandò che le chiese al tramonto fossero chiuse. Il papa lodando quel provvedimento di polizia, lo biasimò come contrario alla libertà ecclesiastica, e sostenne che il magistrato era incorso nella scomunica. Poi diceva che voleva impugnare quella novità se non