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capo xxi. 131

servivano a dimostrare le assurdità del paganesimo. «Se veramente siete certi della vostra religione, confutatelo, provate che ha torto; ma sopprimerne le opere, o impedire che siano lette, non è difendere gl’Iddii, ma aver paura della verità». Par fino che Arnobio abbia voluto proverbiare la Sacra Congregazione dell’Indice.

Il nunzio fece grandi sospetti sopra le intelligenze che passavano tra il Consultore e Antonio Foscarini ambasciatore di Venezia in Francia; e quantunque le lettere traditegli dal Castrino non gli fornissero alcun lume, ei si credè tuttavia di avere fatta una grande scoperta, le mandò a Roma dove parvero odorare di eresia alcuni concetti che in ogni altro scrittore sarebbero tornati indifferentissimi. Guai al Sarpi se avesse detto come il cardinal Bembo, che le epistole di San Paolo sono epistolaccie; che le parole fides ed excomunicatio sono termini barbari, e vi avesse sostituito persuasio e aquæ et ignis interdictio, e se avesse chiamato la Madonna, Dea. Guai a lui se avesse scritto lettere ad un Turco nello stile di quelle che scriveva Alessandro VI a Bajazette II: tutta la Curia avrebbe detto che egli era maomettano nel cuore. Ricordi il lettore la lettera in cifra che Frà Gabriele aveva presentato all’Inquisizione di Roma, nella quale non si trovò motivo di accusa: ora i tempi erano cambiati, e la Corte che voleva Frà Paolo eretico ad ogni patto andava macchinando il modo di far pervenire al Collegio, in forma diplomatica, le lettere intrapresegli dall’Ubaldini; ma il nunzio Gessi essendo omai persona fastidiosa alla Repubblica, bisognava tro-