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296 capo xiv.

le dottrine del frate veneziano. Abbenchè Luigi XIV rinunciasse in seguito a quelle proposizioni, elle rinverdirono un secolo dopo, e la corte di Roma fu poi obbligata a riconoscerle e a sanzionarle nel concordato francese del 1801. E però con molto senno diceva papa Benedetto XIV: Abbiamo fatto tanto schiamazzo per le quattro proposizioni del Clero Gallicano; ma oramai dovremo chiamarci felici, se i principi vorranno contentarsi di quelle.

Infatti dopo la guerra per la successione della casa d’Austria surse un gran moto nella vita sociale de’ popoli, e tutti i principi gareggiarono a riformare i guasti ordini de’ loro Stati: furono tarpate le ali al Sant’Offizio; furono ristretti, poi aboliti i diritti di asilo, fu meglio regolata la materia beneficiaria; furono limitati gli acquisti alle mani morte; furono soppressi o limitati i privilegi de’ cherici, alle scomuniche fu data risposta colle armi, e le bolle di Roma non ebbero più alcun valore.

Fino dal 1676 il cardinale Noris scriveva: Poche bolle passano verso l’Adriatico per le massime lasciate nel testamento di Frà Paolo; ma verso il 1760 le ceneri del grand’uomo parvero rianimarsi, e parve che il suo spirito invadesse tutta Venezia e quindi si propagasse nella Italia ed oltre i monti: le riforme introdotte dalla Repubblica furono tra le più ardite che si tentassero a quei tempi: e toccavano i beni delle chiese, i privilegi e le immunità dei cherici, il diritto di asilo, la Inquisizione del Santo Offizio, i conventi, le feste e l’eccesso delle messe e delle indulgenze, e i guadagni delle Bolle, ed altri oggetti preziosi alla grandezza romana. Quasi in