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forme esterne dal governo civile, imperciò i vescovi delle città metropoli dove stanziavano i governatori cominciarono tra il secondo e il terzo secolo a darsi il nome di vescovi della prima sede, e più tardi di metropolitani, e ad attribuirsi una primazia sui vescovi provinciali; quindi accettato il principio che la Chiesa misticamente fosse una, era inevitabile la conseguenza che il centro di quella mistica unità dovesse essere Roma.

Sopravvenute nel IV secolo le turbolenze suscitate dalla eresia di Ario, i vescovi di Roma se ne vantaggiarono mescolandosi negli affari anco più lontani, intromettendosi arbitri delle altrui discordie, spalleggiando ora l’una ora l’altra fazione, e profittando di tutte le concessioni fatte alla loro autorità o dalla adulazione o dal bisogno, e cui essi poscia convertivano in diritto. Era un articolo stabilito che le cause ecclesiastiche dovessero essere giudicate sul luogo e da un concilio di vescovi della provincia, ma i concilii dominati allora da facinorosi avevano perduto ogni forza; per il che Osio vescovo di Cordova fece accettare dal concilio di Sardica (nel 347) un canone (quando non sia stato falsificato più anni dopo come dubitano molti eruditi) che è la pietra angolare della monarchia pale. «I vescovi, disse, volendo appellare da un concilio, potrebbero onorare, così a loro piacendo, la cattedra di San Pietro e deferire al giudizio del vescovo romano».

Quest’atto puramente provvisionale, di un concilio che non ebbe mai alcuna autorità, e affidato al libero volere degli appellanti, fu dai papi conver-


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