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96 capo v.


Questa sensilità si estendeva sino alla memoria, in lui costante, tenacissima. Andato in un luogo una volta, si ricordava anco lunga pezza dappoi dei minimi oggetti vedutivi, e gli descriveva con tale minutezza come se ancora gli stessero sotto gli occhi. Uomini eruditissimi a Roma a studiare quell’emnporio di monumenti antichi che ivi si conservano, storia parlante dei secoli che più non sono, ebbero spesso a meravigliare di Frà Paolo nell’udirlo descrivere alcuno di quei monumenti, e ricordare particolarità sfuggite a meno attenti osservatori.

Perspicacissimo, e di rado erroneo ne’ suoi giudizi, sapeva conoscere a prima vista l’indole e l’ingegno degli uomini, e il suo occhio penetrativo e sagace s’inoltrava persino nelle più occulte intenzioni, e possiedeva in sommo grado l’artifizio di far parlare altrui, e in via d’interrogazioni obbligarli ad esternare i loro pensieri; il che egli usando l’espressione di Socrate, chiamava far da levatrice e aiutare altrui a partorire.

Parlava poco, udiva molto, più atto a scoprire gli intendimenti di altri che a rivelare i propri. Cogli stranieri al sommo guardingo, e più ufficioso che libero; ingenuo cogli amici, in ogni cosa modesto, e poco sopportatore di elogi, i quali benchè giusti lo facevano arrossire e lo imbarazzavano. Avverso ad ogni frivolezza, la sola vista del giuoco, anco di passatempo (cui stimava occupazione di talento avaro), gli dava noia. Ciò nulla ostante la sua conversazione era amena, il parlare sentenzioso e vibrato, e sparso a proposito di motti faceti, pieni