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infinito numero di terre, o che immerso fra le delizie vane meni la vita. Io che nel mio niente mi piace eguagliarmi a un Principe, ho ritrovato la mia felicità nella mia solitudine; ed eccomi alle prove. Io mi proposi infino dal primo dì, ch’entrassi nel regno di coloro, i quali possono fare stato della loro metà (per valermi d’un vezzo di dire Francese), di camminar per quella via, che a simile stato convenga, e che al mio corto intendimento potesse essere la migliore. Quindi mi posi in animo di amare la ritiratezza, di esser sollecita al bene della famiglia, e finalmente di non prendermi a cuore se non se il buon ordine delle cose aspettanti alla mia casa. Posti i fondamenti, io seguitai la fabbrica, e cotanto rimasi paga, che se astratta mi vedete talora, agevolmente potete dire: Costei del sistema, che piantò, è veramente innamorata. Ora camminando io per una via, che rintracciai da me medesima, ed operando come fo, non perchè altri mi guidi, o sforzi, ma per mera elezione, perchè non ho io da dire d’aver ritrovato in questo mio contegno di vivere la mia intera felicità? Dissi intera, in quanto più o meno felice può chiamarsi colui, il quale sfuggendo più che può le miserie, ed arrivando a conoscere la propria felicità, in più o meno eminente grado si fa a possederla; in quella guisa appunto, che cantò il leggiadro Poeta Sannazzaro:

Tant’è felice l’uom, quant’ei si reputa.

Adunque sarà felice quegli, il quale cercando la sua felicità per mezzo delle proprie sue azioni, già co-


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