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non abbia^slubbio su questo, e sia contenta

di viver nel secol nostro, nulladimeno il più degli uomini son tanto ingegnosi a lor danno, tanto proclivi a crucciarsi di tutto, e tanto inquieti naturalmente, che qualor senton gì’ incomodi, e veggono i mali del tempo loro, gli abborrono senza più, come i più gravi di quanti mai fossero, e se chiamano sventurati d’aver vissuto a così sciaurata stagione. Odiano essi il governo della loro patria, le provvidenze de’ lor magistrati, i costumi de’ cittadini pensando sempre migliori i passati. Le vicende or del commercio, or delle lettere’, e quelle degli usi de 1 diritti delle leggi de’ tributi e d’ ogni altra cosa son sempre pessime a lor giudizio, e sempre implorano un cambiamento, che sempre veggon migliore del loro stato presente.

A questi uomini disgustati di loro esistenza, e quindi praticamente miseri, ed importuni, inutili a se e alla patria per cotal loro funesta indegnazione, anzi disperazione, io vorrei quanto è in me recar disinganno, e dar mano ajutatrice, ed amica, Né me»

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