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Note. 311

NOTF’.JI* jn degli oggetti, e degli affetti ne’ poemi li» rici} tragici, ed epici. Ecco ciò che par nuovo a chi gusta Virgilio, e Orazio, Ariosto, e Tasso, che variano le lor pitture, intrecciati gli affètti con quadri, con similitudini, con voli e rapimenti, e ^an limitarsi al bisogno, troncare il filo a tempo, lasciar desiderio, sparger ombre, e non finire, e dir tutto per riuscir meglio all’ interna. Quante cose son grate appunto per ciò all’ ingegno ed al cuore, quante vengono a noja per contrario, allorché sono sommerse in parole, e nell’ uniformità annientate ! Luciano sembra aver parlato di un cotal gusto, gridando agli scrittori del suo tempo altamente — non vi lasciate sedurre a dir belle, ma vane parole, ov’ è bisogno di sobrietà, d’ ordine, di chiarezza. Il rroppo è il maggior nimico del bello, e l’affettazione d’infiorar tutto, il guastano per soverchi ornamenti. Vedere l’arte V Omero, che scorre velocemente nelle descrizioni di Tanta/o, di Tizio, d’ Is siane.

Se n’avesse parlato lussureggiando, come fecer Partenio, Lufor ione, e Callimaco, mai pon finiva a portar l’acqua sino a’labbri di V 4 Tan-